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Influencer marketing: attenzione a non farsi travolgere

Cos'è l'influencer marketing e come integrarlo nella digital strategy? Distinguiamolo dalla Brand Advocacy, identifichiamo Influencer, Brand Advocate e Brand Ambassador. Per scoprire che l'ascolto, le storie e le persone sono sempre i veri trend da seguire, anche nel 2016.

Quest'anno si è parlato tantissimo di Influencer Marketing.

E se ne parlerà ancora tanto nel 2016.

Un fenomeno che non si può più ignorare, che potrei paragonare ad una valanga, sia nell'accezione negativa del termine - fenomeno distruttore, che si ingrandisce distruggendo ed inglobando cose e persone trovate sul suo cammino - sia nella sua accezione positiva, associata a un'idea di impeto, di movimento travolgente, di grande intensità.

Ne ho parlato al Social Media Strategies a Bologna, il Convegno dedicato alle strategie per fare marketing con i social media, tenutosi il 14 e il 15 ottobre 2015.

Qui condivido le slide dell'intervento, che potrei riassumere dicendo: usare tool gratuiti per identificare gli influencer al fine di ritwittare qualche account apparentemente influente non è fare Influencer Marketing.

 

 

Chi è l'Influencer e come sceglierlo per una campagna di Influencer Marketing? Le slide dell'Intervento al Social media Strategies 2015 organizzato dal GT Master Club

Influencer Marketing è Advertising, pubblicità, quella che si paga. In un modo o nell'altro.

Oggi l'Influencer marketing è un tema caldo perché può essere una valida alternativa al Digital Advertising, per sopperire alla "questione adblock", questione che vi invito ad approfondire leggendo i tre articoli su "Il Blocco della pubblicità online" sul Blog di Paolo Ratto a partire dal parere del Digital Strategist.

Per capire il fenomeno dobbiamo distinguere l'Influencer Marketing dalla Brand Advocacy. Così come dobbiamo iniziare a fare differenza tra Built Reach, Organic Reach e Paid Reach.

Per ritornare alla metafora iniziale della valanga, la Brand Advocacy è neve fresca, in cima alla montagna, prima che diventi valanga, prima di Blog e Social, prima del Digital Marketing.

Se dovessi dare una definizione di Brand Advocacy direi che: 

La Brand Advocacy è la capacità di una persona di trasmettere passione nei confronti del Brand, in maniera incondizionata e senza fine di lucro.

È una condizione che trascende il concetto di customer satisfaction, non si tratta di una semplice ricondivisione dei contenuti del Brand, di una recensione positiva o della conquista dell'engagement. 
Il Brand Advocate prova un sentimento estremamente positivo verso il Brand, duraturo nel tempo, "semper et aeternum", che si manifesta con continuità, quasi caparbiamente. 

Quella del Brand Advocate è una passione spontanea, che nasce dalla conoscenza approfondita del Brand e dei suoi prodotti.

Ecco che la Brand Advocacy diventa l'obiettivo del Brand, che vuole andare oltre la Brand Awareness, costruendo con una strategia di digital marketing un "Passion Brand"

Per ottenere questo risultato, i social media, come luoghi dove le persone possono manifestare la loro passione e trasmetterla ad altre persone, diventano fondamentali.

Oggi ci sono agenzie specializzate nell'identificazione del Brand Advocate (un esempio è Zuberance), che lavorano per portare la loro testimonianza alla luce dello schermo.
Non è un'operazione semplice. La ricetta è complessa e ci vuole sia esperienza che capacità di analisi, strumenti di rilevazione adeguati e dati affidabili. Ma le potenzialità sono enormi.

Ogni Brand ha la possibilità di incontrare sui social il suo Advocate attraverso l'ascolto attento e il social caring.

Non è necessario che il Brand Advocate sia un personaggio influente, popolare o pubblico. Il Brand stesso può sostenerlo e incoraggiarlo a dar voce alla sua passione. Un esempio per tutti è il programma Top Contributor di Google.

Un solo Brand Advocate è una scintilla che può accende la passione condivisa per il Brand.

Vi invito a guardare questa infografica, che spiega in maniera semplice e chiara la differenza tra Infulencer e Brand Advocate. 

Altra storia è l'Influencer Marketing.

Non confondiamo influencer con Influencer Marketing. Si parla di marketing solo se si vuole usare l'influenza di una persona (per arrivare ad altre persone).

L'Influencer è una persona che ha, appunto, influenza, intesa come la capacità di condividere un messaggio con un audience ampia ed interessata. Attraverso social, blog, news.

Nel marketing, l'influencer è la neve artificiale sparata in vetta che diventa valanga. Non è una persona disinteressata. Lo fa per interesse. 
Riceve prodotti gratis, un compenso pattuito, un contratto di consulenza, docenze, news in anteprima.

Qui si apre sempre, inevitabilmente, un discorso sull'etica dell'essere Influencer
Io eviterei, perché ogni Influencer ha una propria etica ed è difficile suddividere le persone in macro categorie.

È invece d'obbligo parlare di etica dell'ingaggio, di trasparenza e del rapporto che PR, aziende ed agenzie intrattengono con gli influencer.

Proprio alla fine del mio intervento alla Social Media Strategies parlavo con Paolo Ratto di "etica dell'agenzia" che gestisce questo tipo di advertising. Perché l'attività di Digital PR è centrale nella riuscita di tutta l'operazione e spesso la trasparenza è una condizione dettata dall'agenzia e non dall'influencer.

Anche Riccardo Scandellari ha scritto a proposito su come "molte operazioni di Digital PR siano caratterizzate da improvvisazione ed ingenuità".

Se le Digital PR non devono essere ingenue, la sincerità e la spontaneità dell'Influencer, anche in una Campagna Advertising, sono fondamentali.

Ecco, dovremmo prendere esempio dai bambini. Li avete mai visti su YouTube fare recensioni di giocattoli per grandi marche? Dovreste.

Candidamente i giovanissimi (avranno l'età per gestire un proprio canale youtube?) ammettono di ricevere i giocattoli dalle case di produzione, ma in un modo, vi assicuro, da non inficiare minimamente il messaggio pubblicitario, che arriva forte, chiaro, convincente e dirompente.

Ci sono Influencer che ti catturano con i loro racconti, ti coinvolgono a tal punto che pensi "bello, voglio saperne ancora di più". Eppure sai che sono stati pagati, anche se non è scritto nero su bianco, anche se non lo dichiarano. Ma non è importante, ormai sei coinvolto.

Lo storytelling è la chiave del successo.

Poi ce ne sono altri che ti fanno desiderare solo che i Brand inizino ad usare l'Advertising di Instagram. L'impressione è che ricevano in cambio solo il piatto fotografato.

Attenzione però, spesso, non è un problema legato all'Influencer, ma un problema di strategia (e di agenzia, come detto sopra). Prima di scegliere l'Influencer quindi è bene avere  una campagna ben architettata, progettata e delineata. 

Dalla valanga Influencer Marketing poi è stato s/travolto anche il termine Brand Ambassador, utilizzato sovente, in modo erroneo, per descrivere coloro che invece sono influencer. 
L'ambasciatore è per definizione "un rappresentante accreditato".
Un Brand Ambassador fa parte o diventa parte dell'organizzazione aziendale. Può essere al vertice o alla base della della piramide aziendale, ma è una persona dell'azienda, ovvero che parla (racconta) come persona dell'azienda.

Cosa hanno in comune Advocater, Influencer e Brand Ambassador?

Sono persone.
Con dei racconti, possono generare conversazioni, relazioni vere, legami, passioni, sentimenti. Attorno ad un Brand.

Dare importanza alle persone è il trend più importante che i Brand devono seguire nel 2016.

Nel 2016 mettete al centro della strategia le persone ed i loro racconti.

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Michaela Matichecchia

Michaela Matichecchia

Sviluppo strategie di digital marketing per le aziende. Mi guida la digital analytics. Mi entusiasmano i risultati delle campagne advertising che gestisco. Sfrutto la potenza dell'AI per ottenere lead di qualità

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