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Buyer personas o target? Scopriamo le differenze

Dal target alle buyer personas. Come è cambiato nel tempo il pubblico di riferimento nell'advertising online.

Nell’agenzia pubblicitaria anni ‘50 raccontata dalla serie tv Mad Men l’istrionico account  Don Draper prima di partorire una delle sue idee folgoranti si metteva nei panni del probabile  acquirente, del cliente, di chi, insomma, avrebbe dovuto recepire forte e chiaro il messaggio  della sua nuova campagna e correre a comprare quella marca di jeans, sigarette o whiskey.

Si tratta di gruppi ipotetici di persone a cui idealmente sono destinati i nostri prodotti.

Nel linguaggio pubblicitario di Don Draper, rimasto praticamente invariato fino ad oggi,  questi soggetti si definiscono “target” e trovano i loro corrispettivi in tanti ambiti: sono i  lettori dei giornali, i telespettatori dei programmi televisivi e, in parte, le buyer personas per il marketing odierno.

In parte perché, a differenza di Don Draper che doveva lavorare di immaginazione e creatività per costruire il suo pubblico, noi oggi abbiamo a disposizione dati ed elementi esatti per definire l’incarnazione del nostro cliente ideale.

Si tratta di gruppi ipotetici di persone a cui idealmente sono destinati i prodotti che  vogliamo vendere e, dunque, i destinatari della campagna pubblicitaria ideata per sponsorizzarli.

Clienti, utenti, persone

Il primo ad utilizzare il termine “buyer personas” è stato Alan Cooper nel libro “The Inmates Are Running the Asylum” (1999) in cui il programmatore statunitense, allo scopo di creare un software user friendly, intervistò i potenziali utenti, segmentando così il target a  cui proporre il suo prodotto.

Si tratta dunque di un concetto piuttosto recente, che fa sua l’idea di mettere il cliente/utente al centro della strategia di marketing, qualsiasi sia lo scopo finale (vendere prodotti, acquisire dati, sviluppare teorie,...).
A questo proposito viene in mente il vecchio adagio: “il cliente ha sempre ragione”, aggiustato, grazie alle nuove tecniche e strumenti oggi a disposizione di aziende e marketer, in “il cliente ha sempre ALMENO UNA ragione”.
Ed è proprio questa ragione che dobbiamo imparare a comprendere e soddisfare, possibilmente nel momento esatto in cui se ne manifesta la necessità.
Non stiamo parlando di lettura del pensiero o messaggi subliminali, ma del cosiddetto inbound marketing, un’altra tattica piuttosto recente che consiste nel rispondere ad un’esigenza e non più crearla dal nulla come invece avveniva nella pubblicità “di una volta”.

“Il cliente ha sempre ALMENO UNA ragione”

Conoscere i propri clienti, attraverso buyer personas ideali, è dunque fondamentale per intercettarne i bisogni e rendersi utili, se non indispensabili, attraverso strumenti accessibili come tutorial fruibili, pagine di FAQ e assistenza ben redatte e blog con contenuti di qualità.

Il contenuto è (ancora) il re

Riflettiamo un istante su questo: al giorno d’oggi a chi poniamo continuamente domande e chiediamo informazioni? Se per i più piccoli la risposta è senza ombra di dubbio “la mamma”, per tutti gli altri il depositario di tutto lo scibile risulta essere Google con 3.7 milioni di ricerche al minuto (dati Infodata-IlSole24Ore).

Ma Google, a ben pensarci, fornisce una serie di risposte, pagine e pagine di risposte, ordinate secondo i suoi sistemi di ranking: ecco perché è importante saper immaginare le domande nelle teste delle nostre buyer personas e fornire loro le risposte attraverso Google per trasportare gli utenti sui nostri siti web trasformandoli da visitatori curiosi, in lettori attenti ed, infine, clienti soddisfatti e membri di una community.

SE TI INTERESSA QUESTO ARTICOLO LEGGI ANCHE: Fare content marketing con le buyer personas e Perché è importante conoscere le proprie buyer personas

 

ricerca google

 

Per tutti coloro i quali stanno scuotendo la testa e pensando “ma quali siti web? Quali blog? Ormai tutti usano solo i social media!”, sappiate che la partita è tutt’altro che chiusa.
Pochi giorni fa Giampaolo Colletti su IlSole24Ore del 23 novembre 2018 scriveva di una “rivincita dei blog sui social” attraverso “autenticità, utilità, continuità. E la necessità di catturare l'attenzione offrendo contenuti di valore".

Il 36% delle aziende inserite nella classifica Fortune 500 ha un corporate blog, l’89% di queste ritiene che saranno importanti nei prossimi 5 anni e addirittura il 60% lo considera vantaggioso per il proprio business.

State of Blogging

Tutti i media on-line possono e, anzi, devono coesistere per raggiungere obiettivi di marketing concreti.

Se infatti Facebook&co. sono mezzi di comunicazione che per la loro fruibilità necessitano di capacità di sintesi, per le aziende l’uso di blog interni ai propri siti web si sta rivelando sempre più essenziale poiché dà la possibilità di approfondire alcuni argomenti, dimostrando ai propri clienti il proprio valore ed esperienza in un determinato settore con risposte più elaborate di 150 caratteri e una GIF.

Ma come si creano questi contenuti di valore? Sempre partendo dalle buyer personas. La comunicazione, in ogni sua forma, infatti, prevede un mittente, un messaggio e un destinatario. Se viene a mancare anche soltanto uno di questi tre elementi non stiamo comunicando, stiamo sparando nel mucchio, parlando al vento o, peggio, parlando da soli. Divertente, forse per alcuni anche soddisfacente, ma sicuramente poco utile.

Un professionista della comunicazione sarà in grado di determinare il giusto messaggio per ogni destinatario, declinandolo a seconda delle necessità e recapitandolo con gli strumenti più idonei al suo target nel momento ideale.

L’importanza della profilazione

Sui social non avere chiaro il destinatario del nostro messaggio può rivelarsi addirittura controproducente: pensate a quanto spesso capita di visualizzare nella Home di Facebook o durante lo stream di video inserzioni che non ci interessano o che compaiono tanto frequentemente da infastidirci. 

profilazione

Potete ignorarle o segnalarle cliccando “non mostrare più questo post” e l’azienda che c’è dietro quella sponsorizzazione vedrà abbassarsi il punteggio di pertinenza dei propri annunci sponsorizzati, con conseguente aumento di spesa per quella campagna.

Proprio Facebook, nell’occhio del ciclone ormai da mesi a causa di questioni legate alla privacy e ai dati dei propri utenti, sta portando avanti operazioni di trasparenza e rimettendo i clienti al centro del proprio lavoro, avvisandoli della presenza di contenuti sponsorizzati ed offrendo la possibilità di visualizzare “informazioni e inserzioni” di ogni pagina, con la possibilità di segnalare problemi.

C’è dunque, com’era prevedibile, un lato oscuro della profilazione.

Anche la segmentazione del pubblico e le tecniche di marketing, esattamente come ogni altro strumento, se usate in maniera sbagliata possono diventare armi improprie. Ecco perché è sempre opportuno affidarsi a dei professionisti che sapranno impiegare al meglio risorse e budget in campagne mirate e con risultati concreti, soprattutto sul lungo periodo.

Perché le buyer personas sono importanti, dunque?

Per rispondere alla domanda nel titolo del nostro articolo: le buyer personas sono importanti per le aziende perché nel mare magnum del web, se non troviamo una nicchia a cui rivolgerci e comunicare il nostro messaggio in maniera pertinente rischiamo che questo si perda. Insieme al nostro budget.

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